Clima

COP27: luci ed ombre sui risultati

27 Novembre 2022

Si è da poco conclusa la ventisettesima edizione della COP, la Conferenza delle Parti, l’annuale incontro dei Paesi ONU sul cambiamento climatico che quest’anno si è svolto in Egitto, a Sharm El Sheik, tornando nel continente africano per la prima volta dopo l’edizione del 2016 in Marocco.

Il contesto in cui si è svolta e le premesse li conosciamo tuttз ed entrambi sono molto critici: la guerra russa in Ucraina, le conseguenti crisi alimentare ed energetica, il cambiamento climatico e i disastri ambientali che sempre più frequentemente ne derivano, tanto per citarne un paio.

C’era dunque grande attesa per questa edizione della COP, dalla quale ci si aspettava decisioni importanti. Ma, com’era previsto da moltǝ, alla fine le belle parole sono state tante mentre le “belle azioni” rimangono in secondo piano. Conclusione che si poteva intuire già in partenza, data la presenza di almeno 636 lobbisti delle fonti fossili, denunciata nelle analisi del Corporate Europe Observatory e da Global Witness, soprattutto se si confronta questo numero con quello dei deleganti indigeni presenti: solamente 293, meno della metà.

Nonostante tutte queste premesse negative, qualche passo avanti è stato comunque fatto: è stato finalmente istituito un fondo per le perdite e i danni (il cosiddetto “loss and damage”) superando le resistenze di Cina e Stati Uniti e nel testo finale vengono citate per la prima volta le fonti rinnovabili.

Novità sicuramente importanti, ma ben lontane dall’essere sufficienti. Le promesse e gli accordi mancati infatti rimangono tanti, a partire dal rendere effettivamente operativo quello stesso fondo “loss and damage”, passaggio che dovrebbe avvenire non prima dei prossimi anni. Il condizionale è tuttavia d’obbligo, visto com’è andata con il fondo per la mitigazione da 100 miliardi l’anno che avrebbe dovuto supportare i Paesi più poveri, ma che invece dal 2009 ad oggi non è ancora entrato pienamente a regime (i dati Ocse dicono che nel 2020 sono stati raccolti solo 83,3 miliardi). La speranza è che le modalità di erogazione, la quantificazione del fondo e la definizione di chi dovrà versare i soldi avvenga e che avvenga in tempi relativamente brevi.
Per restare in tema mitigazione, alla COP27 non si è raggiunto quasi nessun risultato utile per sperare di ridurre abbastanza le emissioni, in modo che si possa restare entro gli 1,5 gradi di aumento della temperatura globale. Secondo l’Ipcc, infatti, le emissioni climalteranti devono essere ridotte entro il 2030 del 43% rispetto ai livelli del 2019 per poter raggiungere questo obiettivo. Ed è fondamentale farlo, altrimenti nessun fondo potrà fronteggiare tutte le perdite e i danni che ci saranno senza la riduzione delle emissioni.
Un altro punto su cui il testo finale della Conferenza delude è la quasi completa mancanza di una discussione sulla riduzione e sull’uscita dalle fonti fossili (i cosiddetti “phase-down” e “phase-out“), anzi nel farlo apre all’energia “a basse emissioni”, una buona strada per continuare a considerare il gas come fonte sostenibile.

In conclusione, la COP poteva fare sicuramente di più e di meglio, ma queste conferenze restano uno strumento importante e come attivisti e società civile dobbiamo continuare a fare pressione perché questi passi avanti continuino e possano diventare ancora più grandi.

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